The first news is that the first cubic meter of biomethane from agricultural biomasses has been injected into the grid. The second news is that this is happening on the outskirts of Milan, confirming that the province of Milan is an important agricultural land.

Who has succeeded in this enterprise is the farm La Castellana.

At La Castellana the fields are cultivated on an area of 900 ha, about 15.000 pigs are bred, electricity is produced by two biogas plants of 999 kW. And now, finally, also biomethane.

We had a short interview with Francesco Crivelli, 29 years old, who joined the company immediately after his studies. After a couple of years in the business, where he was involved in new production (small organic fruits), implementation of irrigation technologies, he had his real baptism, the biomethane plant.

Francesco, how did the project of the plant come about?

It stems from a need felt mainly by my father, that of giving continuity to the branch of energy production, even after the incentives for electricity that will end in 2022. So we converted one of the two existing plants and upgraded it by reducing electricity production by 30% to coexist biomethane production which is now at 450 Sm3/h.. When the electricity will be turned off it will reach 635 Sm3/h.

What were the biggest difficulties you encountered?

In the first instance, finding the right synergy between field, breeding and the plant to solve the biomass brain teaser for the production of advanced biomethane. Currently, the recipe is made of chopped triticale, sorghum, corn stalks, straw and of course manure. But for biomethane to be sustainable we had to find the “square” between first and second crops, so first we produce barley that goes to feed the animals, followed by sorghum as an energy crop. In other fields, we cultivate triticale as an energy crop that follows maize for pigs with recovery of the stalks always for planting. In others, we alternate peas and sorghum. Straw is the residue of the barley threshing.

The other difficulty has been that of traceability for certification due mainly to the fragmentation of the land. So we had to reconstruct the history of the land through the maps of each field identifying the different crops. It was really challenging!

Is the management of the plant complex?

No, the plant has a very advanced technology and control and regulation systems, however to date we have not yet found particular critical points with the upgrading process.

Are you satisfied with the decision to convert production from biogas to biomethane?

To date I would say yes, but it’s still too soon to be certain!

Did you get support from CIB?

Yes a lot, in particular for all the problems and insights related to the sustainability of biomass and biomethane, but not only. The CIB has shared its know-how, also acting as a facilitator in the relationship with the certification body and in the construction of the document path.

Primo metro cubo di biometano agricolo immesso in rete

Intervista a Francesco Crivelli

Redazione

La prima notizia è che il primo metro cubo di biometano da matrici agricole è stato immesso in rete. La seconda notizia è il fatto che questo accade alle porte di Milano, a conferma che la provincia di Milano è un importante territorio agricolo.

Chi è riuscito nell’impresa è l’azienda agricola La Castellana.

Alla Castellana si coltivano i campi su una superficie di 900 ha, si allevano suini, circa 15.000 capi, si produce energia elettrica da due impianti biogas da 999 kW. E ora, finalmente, anche biometano.

Abbiamo fatto una breve intervista a Francesco Crivelli, 29 anni, entrato in azienda subito dopo gli studi. Dopo un paio di anni a farsi le ossa, in cui si è occupato di nuove produzioni (piccoli frutti biologici), di implementazione di tecnologie per l’irrigazione, ha avuto il vero battesimo, l’impianto di biometano.

Francesco, come nasce il progetto dell’impianto?

Nasce da un’esigenza sentita principalmente da mio padre, quella di dare continuità al ramo di attività dell’energia, anche dopo gli incentivi all’elettrico che termineranno nel 2022. Quindi dei due impianti biogas, uno lo abbiamo riconvertito e potenziato riducendo del 30% la produzione di energia elettrica per far coesistere la produzione di biometano che ora è a 450 Sm3/h. Quando si spegnerà l’elettrico si porterà a 635 Sm3/h.

Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato?

In prima battuta, risolvere il rompicampo delle biomasse per la produzione di biometano avanzato che significa trovare la giusta sinergia tra il campo, l’allevamento e l’impianto. Attualmente, la ricetta è fatta di trinciato di triticale, sorgo, stocchi di mais, paglia e naturalmente i reflui. Ma perché il biometano sia sostenibile abbiamo dovuto trovare la quadra tra prime e seconde colture, per cui nei campi, prima produciamo orzo che va all’alimentazione degli animali cui facciamo seguire il sorgo come coltura energetica. In altri campi, coltiviamo il triticale come coltura energetica che segue il mais per i suini con recupero degli stocchi sempre per l’impianto. In altri ancora, alterniamo piselli e sorgo. La paglia è il residuo della trebbiatura dell’orzo.

L’altra difficoltà è stata quella della tracciabilità per la certificazione dovuta soprattutto alla frammentazione delle terre. Per cui abbiamo dovuto ricostruire mappale per mappale la storicità del campo e, mappale per mappale, identificare le diverse colture. È stato veramente impegnativo!

E la gestione dell’impianto è complessa?

No, l’impianto ha una tecnologia e sistemi di regolazione e controllo molto evoluti, tuttavia ad oggi non abbiamo ancora riscontrato particolari criticità con il processo di upgrading.

Siete soddisfatti della scelta di convertire la produzione da biogas a biometano?

A oggi direi di sì, ma è ancora troppo presto per avere delle certezze!

Avete avuto supporto dal CIB?

Sì molto, in particolare per tutte le problematiche e gli approfondimenti relativi alla sostenibilità delle biomasse e del biometano, ma non solo. Il CIB ha messo a fattor comune il proprio know-how, facendo anche da facilitatore nella relazione con l’organismo di certificazione e per la costruzione del percorso documentale.